MA COSA SONO ‘STI BENEDETTI PSICOFARMACI?

psicofarmaciMA COSA SONO ‘STI BENEDETTI PSICOFARMACI?

L’ambito della psicofarmacologia è sempre in maggior crescita e sviluppo: gli farmaci affiancati da una corretta psicoterapia sembrano essere molto utili e a volte necessari per la cura di certi quadri clinici; posizioni estremiste che sostengono l’assoluta necessità dell’uso del farmaco o viceversa la sua assoluta inefficacia rispetto alla psicoterapia andrebbero sempre ben valutate dalle nostre menti.

Prima di addentrarmi nel vastissimo ambito relativo agli psicofarmaci vorrei soffermarmi su alcune questioni che risultano secondo me ancora poco chiare da un punto di vista del senso comune:

  • Lo psicologo può prescrivere degli psicofarmaci? NO, poiché non è un medico; possono essere prescritti da uno psichiatra che è laureato in medicina.
  • Lo psicoterapeuta può prescrivere degli psicofarmaci? DIPENDE: se è psicologo e psicoterapeuta no, se è psichiatra e psicoterapeuta si.
  • Psichiatra e neurologo sono la stessa cosa? NO: lo psichiatra si occupa di disturbi del comportamento per i quali non è ancora dimostrata una base organica, il neurologo si occupa di disturbi del comportamento aventi base organica e disturbi riguardanti il sistema nervoso centrale e periferico.

 

La ricerca sugli psicofarmaci non si ferma mai poiché si tenta sempre di migliorare quelli esistenti sul mercato e di crearne di nuovi; i Trials sono degli studi che appunto servono a sperimentare nuovi farmaci: essi consistono nel confronto tra psicofarmaco e placebo (sostanza chimicamente inerte) tramite la loro somministrazione a dei gruppi di soggetti attraverso delle procedure in doppio cieco necessarie per non influenzare questi ultimi (i somministratori non sanno se stanno dando al soggetto il farmaco o il placebo).

Parlando di farmaci e di loro somministrazione il medico che fa la prescrizione deve sempre presente il dosaggio adeguato per la persona (dato che il cervello umano è composto da massa grassa è necessario valutare il peso e la massa corporea della persona), l’assorbimento (la velocità per entrare in circolo) e in base a ciò la via di somministrazione (orale, rettale, endovenosa, sublinguale), l’emivitaplasmatica (la durata del farmaco nel sangue, il modo in cui viene distrutto dal fegato e l’eventuale presenza di metaboliti attivi).

 

Gli psicofarmaci possono essere suddivisi in quattro grandi famiglie:

  1. Ansiolitici
  2. Stabilizzatori del tono dell’umore
  3. Antidepressivi
  4. Antipsicotici o neurolettici.

Gli ansiolitici più usati sono le Benzodiazepine, dei farmaci maneggevoli e con pochi rischi nel momento in cui non vengono usati assieme ad altri psicofarmaci o all’alcool; vengono usati solitamente per il trattamento di disturbi d’ansia e a volte della depressione accanto agli antidepressivi. Hanno un effetto ansiolitico (riduzione dell’ansia), ipnoinducente (sonnifero), miorilassante (rilassano le fibre muscolari) e anticonvulsivante.

I farmaci stabilizzatori del tono dell’umore vengono di solito usati per prevenire episodi depressivi e maniacali in pazienti a rischio; il più noto è il Litio, molto usato soprattutto negli anziani, accanto alla Carmomazepina, usata soprattutto per il contenimento di comportamenti aggressivi e con pazienti borderline, e all’ Acido Valproico, un antiepilettico.

Gli antidepressivi portano ad un elevazione del tono dell’umore, non hanno alcun effetto su persone aventi il tono dell’umore in asse (quindi non depresse) e se presi regolarmente hanno una latenza media di un mese prima di produrre i primi effetti; possono essere usati anche nel trattamento del Disturbo Ossessivo-Compulsivo poiché riducono l’ideazione ossessiva e i rituali. Si suddividono in Triciclici, AntiMAO e SSRI di nuova generazione che agiscono a livello sinaptico sul bloccaggio del riassorbimento di serotonina e noradrenalina. In certi casi possono provocare ansia, motivo per il quale spesso vengono utilizzati assieme alle Benzodiazepine e non vengono somministrati alla sera.

Gli antipsicotici sono anche conosciuti come neurolettici o tranquillanti maggiori e sono degli inibitori del sistema dopaminergico; hanno un effetto incisivo, che riduce ed elimina allucinazioni e deliri, e un effetto sedativo. Gli antipsicotici classici agiscono solo sui sintomi positivi ma quelli di nuova generazione lavorano anche sui sintomi negativi, quindi sul ritiro sociale e l’appiattimento affettivo, e riducono gli effetti collaterali extrapiramidali (problemi motori di varia natura). Oltre alla somministrazione giornaliera questi farmaci possono essere somministrati anche via depot, un iniezione i cui effetti durano per due settimane.

 di Claudia Negretto

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