Traumi

traumipsicologici

  • – Maltrattamento e abuso
  • – Separazione e divorzio dei genitori
  • – Sindrome di alienazione genitoriale
  • – Violenza assistita / violenza domestica
  • – Lutti

Nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza l’individuo che cresce può essere esposto a diverse tipologie di situazioni traumatiche, che vanno dal maltrattamento e abuso alla separazione dei genitori con o senza episodi di violenza domestica, a lutti di persone significative. Il bambino o l’adolescente traumatizzato sviluppa delle modalità di funzionamento psicologico e di comportamento specifiche e spesso disfunzionali, fonti a loro volta di ulteriori disagi ed è pertanto essenziale poter intervenire sia preventivamente sia precocemente dopo il trauma.

Secondo la definizione adottata nel dal Consiglio d’Europa (IV Seminario Criminologico) nel 1978, per abuso all’infanzia si intendono:

“gli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino, attentano alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino”

In base a questa definizione, Montecchi, neuropsichiatria infantile, propone una classificazione degli abusi, supportata dalle esperienze mediche e cliniche del Servizio di Psichiatria e Psicoterapia dell’Ospedale Psichiatrico “Bambin Gesù” di Roma, da lui stesso diretto. Montecchi distingue tre forme principali di abuso e cioè il maltrattamento, le patologie della cura e l’abuso sessuale. A sua volta il maltrattamento può essere fisico o psicologico:

_Il maltrattamento fisico o abuso fisico è la forma più manifesta e facilmente riconoscibile, si concretizza in situazioni in cui il minore è oggetto di aggressioni e riporta lesioni visibili sul corpo (lividi, ferite)

_Il maltrattamento psicologico o abuso psicologico è più difficilmente identificabile, se non quando ha già determinato effetti gravi sullo sviluppo della personalità del bambino (ne sono esempi l’isolamento, la proibizione di uscire, la segregazione, la denigrazione e l’umiliazione prolungata, la strumentalizzazione del bambino in situazioni di separazione dei genitori particolarmente conflittuali e violente).

_La patologia della fornitura di cure comporta non solo la carenza di cure e cioè l’incuria e la trascuratezza (bambini non adeguatamente puliti, nutriti, vestiti o accuditi a livello medico) ma anche l’inadeguatezza delle cure fisiche e psicologiche offerte, comprendendole sia nel senso quantitativo che qualitativo. Ad esempio si rileva la presenza di discuria, quando le cure, sebbene fornite, sono inadeguate rispetto allo sviluppo del bambino o la presenza di ipercura, quando viene offerto, in modo patologico, un eccesso di cure, come accade nella sindrome di Münchausen per procura, o nel medical shopping, comportamenti in cui il genitore, convinto di una inesistente malattia del bambino, lo sottopone a continui controlli, accertamenti o cure mediche creandogli un forte disagio.

_L’abuso sessuale infine comprende tutte le pratiche sessuali manifeste o mascherate a cui vengono sottoposti i minori e comporta il fatto che un bambino o ragazzo venga costretto a partecipare o ad assistere ad attività sessuali o a visionare materiale pornografico o pedopornografico contro la propria volontà; trattandosi di bambini e adolescenti, spesso l’abusante sfrutta la propria posizione di autorità o il legame affettivo rispetto alla dipendenza e immaturità del minore. L’abuso sessuale può assumere varie forme: intrafamiliare, attuato da membri della famiglia nucleare (genitori, compresi quelli adottivi e affidatari, nuovi conviventi di genitori separati, fratelli o sorelle), o da membri della famiglia allargata (nonni, zii, cugini, amici stretti della famiglia);

extrafamiliare, che interessa indifferentemente maschi e femmine e riconosce spesso una condizione di trascuratezza intrafamiliare che porta il bambino a rispondere alle attenzioni affettive che trova al di fuori della famiglia. E’ attuato, di solito, da persone conosciute dal minore, come maestri, professori, bidelli, allenatori e istruttori sportivi, educatori, assistenti di comunità, medici, infermieri, religiosi, praticamente tutti coloro ai quali il minore viene affidato per motivi di cura, custodia, educazione, gestione del tempo libero, all’interno delle diverse istituzioni e organizzazioni.

La separazione dei genitori

Un’altra forma particolarmente grave di abuso emotivo e psicologico ai danni di un bambino o di un adolescente è una forma di disfunzione della relazione genitoriale definita Sindrome di Alienazione Genitoriale (Parental Alienation Sindrome -PAS) (Gardner, 1992, 1999), che si pone come forma patologica di situazioni già potenzialmente traumatiche quali possono essere la separazione e il divorzio dei genitori. La separazione dei genitori rappresenta un evento di per sé traumatico in quanto implica per il bambino la perdita dell’ambiente familiare conosciuto e la necessità di far fronte ad una separazione forzata da uno dei due genitori, il genitore non convivente.

L’alienazione genitoriale deriva dalla combinazione di un programming (una sorta di lavaggio del cervello, degli indottrinamenti da parte di un genitore) e dei contributi propri del bambino alla diffamazione del genitore definito “obiettivo”, che di solito sorge all’interno delle dispute sulla custodia del bambino. Nella maggioranza dei casi avviene che un genitore (il genitore alienante – AP) opera per mettere in cattiva luce l’altro (il genitore alienato – TP) agli occhi del bambino, per allontanare quest’ultimo da lui. Ciò che si osserva in seguito, principalmente, è la compromissione del rapporto tra il bambino ed il genitore alienato. La definizione di Sindrome di Alienazione Genitoriale è applicabile solo quando il genitore obiettivo non ha mostrato un comportamento tale da giustificare la denigrazione attuata dal bambino. Il genitore alienante provoca la distruzione del legame tra l’altro genitore ed il figlio e le conseguenze di questa azione potrebbero protrarsi per tutta la vita. Si ha, quindi, la creazione di una relazione singolare tra un bambino ed un genitore, che comporta l’esclusione dell’altro genitore. Il bambino completamente alienato non desidera avere alcun contatto con il genitore denigrato ed esprime sentimenti esclusivamente negativi per quel genitore mentre esprime sentimenti solamente positivi per l’altro. La conseguenza è l’alterazione dei sentimenti del bambino per entrambi i genitori e, quindi, la perdita di un normale equilibrio ed è psicologicamente dannoso per un figlio essere privato di una relazione sana con un genitore. Il “programming”, caratteristico di situazioni in cui la PAS è presente, è spesso un comportamento agito già da tempo all’interno della famiglia e che aumenta di significatività dopo la separazione: sebbene tutti i membri di una famiglia abbiano un proprio ruolo più o meno determinato, il genitore alienante è considerato il principale responsabile della programmazione del bambino, poiché è lui che mette in moto il processo.

Spesso le coppie prima della separazione vivono momenti di particolare crisi, e qualora uno dei due partner sia predisposto a comportamenti aggressivi e fatichi a controllare i propri impulsi, possono verificarsi episodi di violenza domestica e violenza assistita a cui risultano esposti anche i figli; se le conseguenze della violenza sono gravi per il coniuge che ne è bersaglio, anche i bambini e i ragazzi che vi assistono, sebbene non siano direttamente colpiti da percosse o dall’uso violento di oggetti, rimangono fortemente disturbati da queste situazioni. I bambini che hanno assistito a scene di violenza domestica o che ne sono stati vittima in prima persona, denotano spesso problemi di salute e di comportamento, tra cui disturbi di peso, di alimentazione o del sonno, difficoltà a scuola o problemi a sviluppare relazioni intime e positive. Se preadolescenti o adolescenti possono inoltre cercare di scappare da casa e anche mostrare tendenze suicide (Unicef, 2000).

Spesso in famiglia o a scuola vengono notati segni fisici che possono essere ricondotti a situazioni traumatiche di maltrattamento o atteggiamenti e comportamenti inconsueti nel bambino o nell’adolescente vittima di abusi; non esiste però una serie di sintomi specifici per l’abuso, ma si parla di indicatori clinici di cambiamento comportamentale che possono far sorgere dubbi e meritano di essere approfonditi da parte di professionisti esperti in questo campo. Alcuni segnali possono essere, in bambini in età prescolare, disturbi del sonno o dell’alimentazione, mal di testa ricorrenti, preoccupazioni insolite e paure immotivate, pianto immotivato, crisi di rabbia, mutismo, tendenza all’isolamento, aggressività contro adulti o coetanei, autolesionismo, interessi sessuali e comportamenti sessualizzati inappropriati all’età, masturbazione compulsiva; bambini più grandi possono mostrare, in aggiunta a questi comportamenti, rifiuto o compiacenza nel mostrare il corpo nudo anche in situazioni mediche, reattività al contatto fisico, passività, crollo dei risultati e dei voti scolastici per una sorta di blocco e inibizione del pensiero, atteggiamenti depressivi o oppositivi e provocatori, mentre gli adolescenti e i preadolescenti possono arrivare a fughe, tentativi di suicidio, atti autolesivi gravi (come ferirsi, tagliarsi).

Un ultimo aspetto traumatico è rappresentato dal lutto di persone affettivamente significative, in particolare un genitore, un fratello o una sorella o un altro familiare convivente: in tali casi il dolore della perdita può essere espresso verbalmente o con segnali comportamentali ed è importante che possa trovare da parte degli adulti che si occupano del bambino un accoglimento e una possibilità di dare parole ai vissuti, affinché possa avvenire una autentica elaborazione. Con bambini piccoli spesso i genitori faticano a trovare modi adeguati rispetto all’età per parlare della morte o della paura di essa e a volte tendono ad evitare l’argomento o a trovare eufemismi che possono poi paradossalmente creare confusione nei piccoli; è sempre preferibile in questi casi dire ai bambini la verità parlando in modo aperto e concreto e soprattutto verbalizzando le emozioni. Alla comunicazione di un decesso, alcuni bambini sembrano non reagire: ascoltano senza commenti o fanno altro, ma la mancanza di reazione riflette in genere l’incomprensione o il desiderio di non elaborare quanto accaduto. Altri invece piangono perché il ricordo della persona deceduta stimola in loro il desiderio di averla vicina in quel momento.

I bambini più piccoli di solito fanno fatica a capire il concetto del tempo che passa e della permanenza, spesso chiedono in maniera ripetitiva dove si trova la persona deceduta e perché non può più tornare: solo verso i 6-8 anni infatti arrivano a comprendere il senso della morte.

Cosa può fare lo psicologo?

in situazioni di abuso all’infanzia i principali obiettivi sono la tutela e la cura del minore; rispetto alla tutela, esistono procedure specifiche che coinvolgono la Procura della Repubblica, il Tribunale per i Minorenni e il Servizio Sociale competente. L’elaborazione di un progetto terapeutico è successiva alla formulazione della diagnosi e alla valutazione positiva rispetto alla possibilità di avviare un trattamento del bambino e della famiglia; spesso viene proposto un progetto di terapia integrata sia medica che psicologica, dove la terapia medica ha come obiettivo la cura delle lesioni e delle eventuali patologie conseguenti all’abuso, mentre la terapia psicologica è rivolta sia al bambino che alla famiglia, e a volte se necessario coinvolge anche una consulenza alla scuola. Frequentemente si propone una psicoterapia individuale per il bambino e una terapia della famiglia e quando si tratta di bambini molto piccoli o in età pre-scolare, la terapia può consistere in incontri del terapeuta con la coppia madre-bambino e con quella padre-bambino. Nelle altre situazioni che non ricadono all’interno dell’ambito di tutela, lo psicologo viene consultato per valutare o accertare una presunta condizione di malessere del bambino dovuta appunto ad un evento traumatico: anche qui i percorsi possibili hanno come destinatari sia il bambino o l’adolescente direttamente, sia gli adulti significativi, in primo luogo i genitori, o poiché il trauma ha coinvolto anche questi ultimi o in caso contrario perché è importante che siano aiutati e sostenuti nel supportare a propria volta un bambino che ha sofferto un trauma. Ad esempio, genitori possono essere anche aiutati a trovare modalità comunicative adeguate per affrontare con il proprio bambino temi difficili e dolorosi, come possono essere quelli della morte e del lutto.

BIBLIOGRAFIA

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Unicef, Annual Report 2000 (covering 1999), 2000

Dr. Lorenzo MAGRI

Psicologo

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