Le donne preferiscono i cattivi

di Mauro Cavarra

Un dibattito che ha sempre animato la psicologia del profano, dai salotti dei parrucchieri ai vari “bar sport” sparsi in tutto il mondo, è la diatriba tra chi crede che per far colpo su una donna sia necessario essere un “bravo ragazzo”, e chi invece crede nel fascino del maledetto bel tenebroso. Cosa conquista il cuore di una bella, il cinico e disilluso esistenzialista, l’artista idealista spiantato o lo stempiato commercialista? Ecco degli studi che vi faranno correre a comprare un giubbotto di pelle ed un pacchetto di Marlboro rosse.

Attraverso l’uso di questionari volti a valutare la personalità ei soggetti oltre alla loro vita sessuale e alla loro propensione ad avere relazioni sentimentali a lungo termine, Peter Jonason della New Mexico State University di Las Cruces, ha dimostrato che uomini che riportano un alto punteggio in quella che i ricercatori hanno denominato la “triade oscura” (dark triad), cioè l’instabilità e desiderio di novità, il narcisismo, ed un machiavellico utilitarismo, assicurano al soggetto una vita sessuale attiva. I ricercatori suppongono inoltre che queste tre misure, viste le loro correlazioni, siano in realtà la stessa cosa, un unico tratto personologico che influenza più aspetti della personalità dell’individuo. Pare quindi che, nonostante punteggi estremi in queste caratteristiche possano causare emarginazione sociale, che in un’ottica evoluzionistica implicherebbe il non riuscire a trovare un partner e l’essere più vulnerabile ai predatori a causa dell’isolamento, punteggi ragionevolmente più alti dalla media abbiano un lato positivo almeno per gli uomini.

In fondo non è una notizia del tutto nuova, chiunque si stato almeno una volta al cinema sa che in genere gli eroi dei film d’azione sono la personificazione dei tratti della triade. Un dato molto interessante proviene da  un altro studio, condotto da David Schmitt della Bradley University a Peoria, Illinois, il quale ha sottoposto a simili questionari più di 35,000 persone in 57 paesi, replicando i risultati dello studio di Jonason. Schmitt sostiene che questa aumentata efficacia dipenda da un approccio “quantitativo” alle relazioni, questi soggetti tendono a stabilire più contatti rispetto a soggetti con punteggi nella norma, in raw terms, ci “provano” di più.

Questi risultati hanno avuto una certa risonanza in ambito di ricerca, e tra le cose che restano da chiarire, suggerisce Matthew Keller, dell’università del Colorado, Boulder, c’è il perché questo tratto non si sia diffuso a tutta la popolazione se è davvero così evoluzionisticamente conveniente. Per la teoria della selezione naturale Darwiniana infatti, se un tratto conferisce ad un individuo un vantaggio evolutivo sugli altri, questo sarà facilitato nella lotta per la sopravvivenza, sopraffacendo chi il tratto non ce l’ha. Keller e Jonason pensano che questa configurazione personologica non sia così comune poiché in una società in cui tutti siano utilitaristi, alla ricerca di nuove esperienze e narcisisti, è probabile che tutti siano allo stesso modo diffidenti, conferendo un vantaggio evolutivo a chi ha bassi punteggi nella triade oscura.

Ecco insomma come mai il “secchione” non si è ancora estinto!

Questo tipo di ricerche si colloca in un panorama molto ampio e discusso: la psicologia personalità. Non stupirà che uno dei primi ad occuparsi di personalità fu Freud, che immaginava un uomo guidato da Es, le pulsioni istintuali, Super io, le istanze morali, e Io, istanza con funzioni adattive alla realtà. Da Freud  in poi i modelli psicologici della personalità dono stati molti, dai teorici dei tratti, alle teorie socio cognitive della personalità, alle teorie transazionali, ma lo strumento principe per valutare la personalità di un soggetto, quantomeno quello più utilizzato, è probabilmente il Five Factor Model, che prevede cinque dimensioni della personalità:

·         Apertura alle nuove esperienze, che si riferisce alla tendenza del soggetto a cercare nuovi stimoli considerati i rischi che questo può comportare

·         Coscienziosità, che valuta il grado di organizzazione degli individui, di perseveranza e di mantenimento di comportamenti diretti ad uno scopo

·         Estroversione, che valuta quantità e qualità dei rapporti interpersonali

·         Piacevolezza, che valuta quanto la persona sia compassionevole, gentile e fiduciosa o cinica, rude e sospettosa.

·         Nevroticismo, che valuta l’adattamento all’ambiente e la stabilità emotiva del soggetto.

Per i teorici del Five Factor Model, ciascun individuo è inquadrabile in base al punteggio che ottiene in ciascuna di queste cinque misure.

Ovviamente c’è chi crede che un approccio di questo tipo sia un po’ troppo riduttivo, inoltre questi tratti sembrano avere buona capacità previsionale dei comportamenti solo dopo che queste abbiano superato i trent’anni, età in cui i punteggi raggiungono la loro massima stabilità. Prima di questa età i punteggi oscillano col passare del tempo, e le previsioni non sempre sono valide per tutte le situazioni.

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *