Videogiochi, emozioni e creatività

Di Mauro Cavarra

Spesso siamo portati a pensare all’essere umano come caratterizzato da due aspetti contrapposti e difficilmente conciliabili, parlo delle emozioni e della razionalità. Complice forse la filosofia su cui ci appoggiamo, non ci riesce immediato integrare questi due aspetti  del nostro essere, eppure il fatto che le emozioni influenzano la qualità delle nostre elaborazioni cognitive è nota non solo agli addetti del mestiere, neuroscienziati, psicologi e medici, ma anche ai “profani”. Non solo i due livelli hanno numerose e complesse interazioni, ma possono lavorare sincronicamente e migliorare le nostre prestazioni in compiti intellettivi.

Alcune evidenze sperimentali mostrano che l’intensità dell’emozione possa essere misurata dal grado di attivazione fisiologica, o arousal , che i soggetti dimostrano in seguito alla somministrazione di certi stimoli. La teoria bi fattoriale delle emozioni di Schachter postula che per provare un’emozione siano necessari due elementi: una attivazione fisiologica, ed una situazione  che ci consentano di interpretare la detta attivazione. Uno degli esperimenti più celebri che forniscono evidenze a questo modello consisteva nell’iniettare a dei soggetti un composto precursore dell’adrenalina che causava attivazione  indipendentemente da eventi esterni. I soggetti venivano poi messi in una stanza con una persona che dimostrava rabbia e malcontento a causa delle condizioni sperimentali, oppure con una persona allegra che si dimostrava entusiasta dell’esperimento. Non solo i soggetti alla fine dell’esperimento riferivano di aver provato emozioni coerenti con il complice, ma, rispetto a soggetti che avevano subito una semplice iniezione di soluzione salina, riferivano un’intensità d’emozione più alta.

Questo meccanismo è stato sfruttato dal prof Shyam Sundar, Media Effects Research Lab della Penn State University, per indagare le relazioni tra creatività ed emozioni. Il fatto che un legame ci sia lo sanno molto bene gli insegnati che cercano di motivare i propri allievi allo studio, ma in questa ricerca è stato usato uno strumento che con i libri di scuola c’entra poco: i videogiochi.

I soggetti venivano prima condizionati a provare una emozione di valenza positiva o negativa attraverso un compito di riconoscimento delle emozioni, poi venivano sottoposti ad un videogioco, Dance Dance Revolution, il cui scopo è ripetere le movenze di un ballerino virtuale su una piattaforma. Riguardo a questa variabile i soggetti potevano essere assegnati alla condizione che prevedeva sforzo lieve, medio o massimo. Infine la creatività dei soggetti veniva misurate mediante l’ Abbreviated Torrance Test for Adults (Goff & Torrance, 2002), un test che misura la capacità di pensiero divergente, cioè la capacità di trovare soluzioni non convenzionali, creative a problemi dati.

I risultati hanno dimostrato che l’intensità dell’emozione, operazionalizzata come intensità dell’attivazione del soggetto, è in grado di influenzare la creatività. Esaminando i risultati più da vicino si desume che ad alti livelli di sforzo, e quindi di intensità dell’emozione, i soggetti che erano stati condizionati ad avere un umore positivo si dimostravano più creativi di coloro che invece erano stati condizionati ad un umore negativo. Nella condizione di sforzo lieve invece si è rilevato l’opposto, soggetti condizionati con una emozione negativa  si dimostravano più creativi dei soggetti condizionati con una emozione positiva. Nella condizione di sforzo moderato non si è rilevato alcun effetto.

Pare insomma che l’emozione sia in grado di modulare la creatività dei soggetti, ma solo in particolari condizioni. L’idea che le capacità intellettive e l’umore fossero collegate inoltre trova conferme nella psicopatologia: un fenomeno che si verifica in pazienti con umore depresso infatti è proprio un rallentamento del pensiero che può arrivare fino al blocco dello stesso nei casi più gravi. Altra prova la troviamo nei pazienti maniacali, che oltre ad essere euforici, dimostrano capacità ragionative, di calcolo e velocità associativa significativamente più alte della media, condizioni che comunque non sempre sono adattive e funzionali, infatti sono spesso accompagnati da alta distraibilità e perdita dei nessi associativi.

Questo studio, a differenza di quanto molte riviste hanno riferito, non si limita ad essere la prova che i videogiochi possono in certe condizioni aumentare la creatività, ma compie un ulteriore passo verso una visione più integrata e organica della nostra mente.

 

 

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