Suicidio: metodi di intervento

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 Il suicidio è l’atto auto lesivo estremo con cui una persona nega il proprio diritto alla vita e si manifesta con particolare frequenza in soggetti affetti da depressione maggiore grave o con disturbi della personalità di tipo psicotico. Ma si può prevedere il suicidio?Quali sono i così detti campanelli di allarme? A queste domande si cerca di fornire una risposta coerente con i principali studi condotti a livello mondiale negli ultimi anni.

Suicidio: indagine critica dei fattori di rischio e dei metodi di intervento. Un caso clinico.  

Il rischio suicidiario è un problema significativo che riguarda la popolazione di tutto il mondo (Bertolote et al, 2003).

E’ stato stimato che nel 2000 globalmente all’incirca 814.000 persone sono venute a mancare  a causa di un suicidio  (World Health Organization, 2001).

Tra i 15 e i 34 anni, il suicidio risulta una delle principali cause di mortalità, prima ancora degli incidenti stradali (Bertolote et al, 2003).

Tale atto tragico risulta associato ad un disturbo a livello mentale ed è stato studiato  a partire dagli anni ’80 (Morselli, 1881).

Il 50% delle persone che muoiono suicide hanno avuto un precedente contatto con strutture di igiene mentale e metà di queste ha realizzato tale contatto nell’anno precedente al suicidio (Appleby, 2000; Department of Health, 2001).

A circa uno su cinque tra coloro che muoiono di suicidio era stata precedentemente diagnosticata  una malattia mentale e circa cinque su dieci soffrono di Depressione Maggiore (Clark & Horton-Deutsch, 1992; Lonnqvist, 2000).

Generalmente la formulazione di rischio suicidiario viene effettuata qualora si individuino dei fattori predisponenti che sono ben noti ai professionisti che operano in salute mentale i quali spesso si affidano a modalità di individuazione del rischio basate sulla valutazione dei seguenti elementi:

  • Fattori di rischio transitori:

Ideazione suicidiaria

Sintomi di un disturbo psicologico

Aderenza al trattamento

Abuso di sostanze

Stress psicologico

Deficit nelle capacitàdi problem solving

 

  • Fattori di rischio potenziale:

Accessibilità rispetto alla modalità di suicidio scelta (possesso di farmaci, di armi etc.)

Sensibilità rispetto a potenziali eventi stressanti

Risposta ad interventi psicologici

Risposta al trattamento farmacologico

  • Fattori di rischio permanenti:

Trascorsi di auto-lesionismo

Tentativo di suicidio in anamnesi

Precedenti ospedalizzazioni

Storia di disturbi mentali

Disturbi di personalità

Trascorsi di abuso di sostanze

Familiarità

Età, genere, stato coniugale

Un numero considerevole di pazienti che sono a contatto con servizi di igiene mentale sono soggetti potenzialmente a rischio di suicidio. Si consideri come esempio il caso di Paolo. Paolo ha 25 anni, ed ha avuto contatti con servizi di salute mentale da quando ne aveva 18. La sua infanzia è stata caratterizzata da abuso e maltrattamento parentale. Egli ha sviluppato in seguito una dipendenza da sostanze all’età di 14 anni, ricorrendo all’utilizzo di cannabis ed anfetamine per poi diventare un alcolista all’età di 20 anni. Il contatto con servizi di igiene mentale è iniziato in seguito ad episodi psicotici, inizialmente di breve durata, progressivamente intensificatisi in termini sia di durata che di gravità. E’ stata formulata una diagnosi di schizofrenia paranoide a decorso episodico. Egli ha messo in atto tre tentativi di suicidio ed ha anche realizzato diverse overdose, con un evidente intento suicida. Il più significativo TS risale a circa 10 mesi fa. Il suo umore era stato osservato come deflesso per diversi giorni ed egli aveva affermato di sentirsi perseguitato in maniera estremamente invasiva dalle voci. Ha cercato di uccidersi sdraiandosi sui binari della ferrovia. Aveva lasciato una lettera di spiegazioni alla sorella. In passato, l’aderenza al trattamento era stata scarsa. Paolo ha un network di conoscenze ristretto e nello specifico, nessun amico. L’unica persona che sente vicina è una delle due sorelle maggiori, che visita una volta al mese. Nell’ultimo periodo aveva più volte espresso i suoi pensieri su come la vita non meritasse di essere vissuta, di come avesse scarsa speranza per il futuro e di come si sentisse molto angosciato ed agitato. Inoltre, aveva comunicato la sua convinzione che esistesse un gruppo di persone nei pressi della sua abitazione, che voleva ucciderlo e che lo seguivano ed erano in grado di leggergli nel pensiero.

I fattori di rischio appaiono molteplici ed evidenti, data la precarietà della sua situazione: una storia familiare di maltrattamento, abuso di sostanze, isolamento sociale, disturbi psichiatrici in anamnesi e scarsa aderenza al trattamento.

Altrettanto considerevole è il numero di suicidi che viene registrato in persone che non hanno mai avuto contatti con servizi di salute mentale.

Se da un lato potrebbe essere difficile prevedere il suicidio in un paziente a rischio, dall’altro è possibile ridurre la sua esposizione a futuri eventuali fattori di rischio, ad esempio rimuovendo sostanze tossiche dalla sua abitazione, oppure limitandone l’impatto.

Orientare e trattare un paziente a rischio suicidiario comporta il procedere gradualmente attraverso un certo numero di stadi e sequenze successive:

1.Considerare qualora il paziente necessiti di una valutazione diagnostica strutturata e completa: questo tipo di valutazione  infatti non  è richiesta necessariamente per tutti i soggetti che accedono ad un servizio di salute mentale;

  1. Elencare tutti i potenziali fattori di rischio presenti: quelli stabili, quelli dinamici e potenzialmente mutevoli e quelli che potrebbero emergere in futuro;
  2. Tenere in considerazione l’eventuale presenza di fattori protettivi (Jacobs et al, 1999);
  3. Valutare possibili modalità di intervento ed il livello di supporto richiesto dalla situazione (farmacologico, psicoterapico, ospedalizzazione);
  4. Anticipare l’impatto di possibili modalità di intervento prima di andare ad implementarle;
  5. Agire in termini multidisciplinari, prevedendo un azione integrata di coloro che prendono in cura il paziente;
  6. Rivedere la tipologia di intervento ed il progetto realizzato qualora entrino in gioco nuove variabili.

di Gaia del Torre

 

Leggi anche l’articolo:  Internet e il  suicidio

 

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