Gli effetti prodotti da uno stress prolungato nei primi anni di vita

La plasticità cerebrale è molto sensibile allo stress. Gli stress acuti e cronici interferiscono con la regolazione della plasticità funzionale e di quella morfologica. E’ stato dimostrato in diverse specie animali che il numero di cellule che si riproducevano nel giro dentato dell’ippocampo tendevano a ridursi dopo uno stress acuto e cronico[1]. Questi risultati possono in parte spiegare, almeno in parte, la perdita di volume dell’ippocampo che è stata osservata dopo uno stress. Anche nell’essere umano è stato più volte registrato un decremento del volume dell’ippocampo correlato a disturbi quali la depressione ed il disturbo post traumatico da stress[2].

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Il potenziamento a lungo termine (LTP) aumenta l’efficacia sinaptica, mentre la depressione cronica (LTD) tende a far decrescere tale efficacia. Dato che la plasticità sinaptica a lungo termine può essere misurata per settimane o addirittura per mesi negli animali viventi, è stato postulato che essa consiste nel correlato molecolare della capacità di apprendimento e di memoria [3].

Lo stress comporta un impatto profondo sulla plasticità cerebrale. Sia lo stress acuto che quello cronico tendono a facilitare la comparsa di depressione e a inficiare il potenziamento a lungo termine dei neuroni.

La maggior parte di questi risultati sono stati ottenuti alla fine di protocolli che comportavano una situazione di stress, descrivendo gli effetti immediati dello stress sulla plasticità cerebrale. Meno conosciuti sono gli effetti a lungo termine dello stress. Ad esempio, si sa poco sulla capacità dello stress durante le prime fasi di sviluppo di modulare la plasticità cerebrale in età adulta. Gli effetti remoti dello stress durante la prima infanzia potrebbero essere estremamente rilevanti; esperienze infantili avverse che sono associate a livelli prolungati di stress sono state identificate come fattori di rischio per numerosi disturbi psichiatrici e medici, inclusa la depressione, il disturbo post traumatico da stress, disturbi della personalità e disfunzioni cognitive, così come obesità, diabete e problemi cardiovascolari[4].

Nello studio qui presentato, I. Herpfer e coll. hanno combinato il metodo in vivo e ex vivo al fine di chiarire gli effetti dello stress nei primi anni di vita sulle diverse forme di plasticità dell’ippocampo. E’ stato applicato il paradigma della deprivazione precoce, in cui i ratti neonati sono stati separati dalla mamma e dai loro coetanei durante le due settimane del loro sviluppo postnatale.

In sostanza, è stato rilevato come la deprivazione precoce fosse associata ad un ridotto volume dell’ippocampo nei ratti appena nati e cuccioli; tuttavia, tali alterazioni erano corrette nell’età adulta. Questo studio parrebbe suggerire una dissociazione degli effetti dello stress nei primi anni di vita in diverse forme di plasticità cerebrale. Se lo stress tende a inficiare lo sviluppo del volume dell’ippocampo in ratti appena nati, esso tende a ritardare lo sviluppo della plasticità sinaptica negli animali adulti senza tuttavia impedirla.

Dott.ssa Gaia Del Torre

 

 


[1] Gould E, Tanapat P, McEwen BS, Flugge G, Fuchs E (1998) Proliferation of granule cell precursors in the dentate gyrus of adult monkeys is diminished by stress. Proc Natl Acad Sci U S A 95: 3168.

[2] Bremner JD, Narayan M, Anderson ER, Staib LH, Miller HL, et al. (2000) Hippocampal volume reduction in major depression. Am J Psychiatry 157: 115–118.

[3] Bliss TV, Collingridge GL (1993) A synaptic model of memory: long-term potentiation in the hippocampus. Nature 361: 31–39

[4] Felitti VJ, Anda RF, Nordenberg D, Williamson DF, Spitz AM, et al. (1998) Relationship of childhood abuse and household dysfunction to many of the leading causes of death in adults. The Adverse Childhood Experiences (ACE) Study. Am J Prev Med 14: 245–258.

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