Questa Consumistica Morte
di Mauro Cavarra
Viviamo in una società consumistica, continuamente bombardati da messaggi che ci spingono a comprare, consumare, gettare via e ricomprare. Un’impressionante mole di risorse e immense somme di denaro vengono impiegate dalle grandi produttrici di beni di consumo per rispondere ad una domanda terribilmente semplice : come spingere le persone a comprare di più? Ci si è resi conto piuttosto presto che nel vendere un prodotto non si vende soltanto l’oggetto, ciò che una volta ritirato lo scontrino l’acquirente, il consumatore, si troverà tra le mani, ma l’immagine del tal prodotto.
Non stupisce più nessuno il fatto che i prodotti più venduti non siano né i più economici né i più funzionali, a volte sono semplicemente quelli che, avendo la possibilità di raggiungerci mediaticamente da più canali, associamo più facilmente al bisogno che mirano a soddisfare. Ecco che nasce l’arte controversa ed a volte subdola della pubblicità. Quanti Jingles impariamo a memoria, e quante citazioni di catodiche famigliole felici siamo in grado di richiamare alla memoria? Almeno alcune nel migliore dei casi. I “creativi”, queste misteriose figure che si celano dietro i sorrisi delle discinte modelle che affollano le città e gli spot, più volte ci hanno stupiti con idee originali che hanno fatto in modo che un certo marchio restasse impresso nella nostra mente in modo da ricordarlo al momento giusto, ma cosa spinge davvero all’acquisto?
La psicologia sociale ha già altre volte dimostrato come pensieri che riguardavano la morte o il danneggiamento della persona potessero incentivare comportamenti volti all’acquisto di beni. Forse il caso più eclatante è stato osservato negli Stati Uniti, nel periodo immediatamente successivo all’attacco alle torri gemelle: si è rilevato un enorme aumento degli acquisti di beni di lusso, prodotti inscatolati e dolciumi.
Per capire meglio il legame tra pensieri lesivi e spinta al consumo, Naomi Mandel, dell’Arizona State University, Tempe, e Dirk Smeesters della Erasmus University di Rotterdam, hanno chiesto a 746 studenti di scrivere dei temi su uno di questi due argomenti: la loro morte o una visita dal dentista. Ciascun partecipante inoltre avrebbe dovuto completare un questionario progettato per valutare i loro livelli di autostima.
I risultati dimostrano che i soggetti con scarsa autostima che hanno scritto a proposito della loro morte, quando gliene veniva data la possibilità, mangiavano più biscotti e compravano più oggetti da una lista d’acquisti ipotetica, rispetto ai soggetti che avevano scritto riguardo alla visita dentistica. In persone con alta autostima, il tema sulla morte ha avuto scarsi effetti.
Gli autori credono che le persone con scarsa autostima utilizzino il consumo come un modo per fuggire inconsciamente dall’autoconsapevolezza, la quale è rafforzata da pensieri di morte. “Comprare e mangiare aiuta a scordarsi di se stessi” sostiene Smeesters. Probabilmente soggetti con bassa autostima hanno più difficoltà a ignorare pensieri angosciosi, dunque si servono di comportamenti che li orientano verso l’esterno, di distrattori che li aiutino a non cedere all’angoscia.
Pascaliani divertissements insomma.
Rosellina Ferraro della Maryland University, sostiene che lo studio è interessante soprattutto perché suggerisce un possibile meccanismo per affrontare l’ansia rispetto di morte, ed aggiunge che gli eventi che possono scatenarci pensieri del genere sono ovunque, basta guardare un telegiornale. In un suo studio recente ancora inedito, Smeesters ha scoperto che persone con bassa autostima comprano e mangiano di più dopo aver visto spezzoni di telegiornali che riguardano in qualche modo la morte.
Immaginate una televisione dove le pubblicità di certi prodotti seguano sempre la cronaca dei telegiornali, o in cui gli esperti di marketing facciamo a gara per piazzare i loro manifesti presso gli ospedali. Ovviamente, nonostante le applicazioni di questo principio alla pubblicità sembrino quanto meno discutibili, ci si accorge subito che studiare una regolamentazione appropriata che preservi il cittadino è alquanto difficile, ma di certo portare a conoscenza questo tipo di esperimenti fornisce una nuova chiave di lettura, una lente che consente d esaminare meglio alcuni aspetti della realtà che ci circonda, di mettere a
fuoco come la società si evolve e verso cosa stia puntando.