La tendenza a divorziare è legata ad alcuni aspetti patologici della nostra personalità?
I sintomi causati dai disturbi di personalità spesso comportano una serie di disagi nella gestione di alcune aree della vita di chi ne soffre, tra cui i rapporti interpersonali, specialmente i legami di coppia. Difficoltà nell’interazione con gli altri sono spesso caratteristiche di alcuni disturbi di personalità, e la presenza di una patologia della personalità è spesso associata ad un incremento di conflittualità nella coppia e a divorzi (Chen et al., 2004; Emery, Waldron, Kitzmann, & Aaron, 1999; Whisman & Schonbrun, 2009). Cerchiamo di capire meglio…
Per questo è stato ipotizzato che la difficoltà a sostenere una relazione intima sia un aspetto centrale nella maggior parte delle patologie della personalità (Krueger, Skodol, Livesley, Shrout, & Huang, 2007), anche se ad oggi si sta cercando ancora di scoprire di più sul legame tra disturbo di personalità e difficoltà coniugali.
Il divorzio consiste in un’area oggetto di studio che genera molto interesse, soprattutto rispetto agli effetti che produce sul benessere in generale e sulla longevità. La fine di un matrimonio infatti è spesso correlata ad una compromissione dello stato di salute, ad un aumento del rischio di mortalità, ad una diminuzione dei livelli soggettivi di benessere, all’aumento di ansia e sintomi depressivi e ad un generale mal funzionamento dell’organismo (Emery, Shim, & Horn, 2012; Kiecolt-Glaser & Newton, 2001; Pagano et al., 2004). Nonostante i tassi di incidenza dei divorzi siano in aumento, questo fenomeno ad oggi è ancora stato poco approfondito e studiato.
Whisman, Tolejko, and Chatav (2007), utilizzando i dati di uno studio condotto sulla popolazione americana, hanno evidenziato come ciascuno dei sette disturbi di personalità indagati (paranoide, schizoide, antisociale, istrionico, evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo) erano associati a un incremento significativo di divorzio nella coppia.
Relativamente al tipo specifico di disturbo, il disturbo borderline di personalità risulta particolarmente legato a un basso livello di soddisfazione nella relazione, a stress matrimoniale, separazione e divorzio (South, Turkheimer, & Oltmanns, 2008; Whisman & Schonbrun, 2009); anche il disturbo antisociale di personalità è associato a questi out come negativi (Afifi, Cox, & Enns, 2006; Humbad, Donnellan, Iacono, & Burt, 2010; Rogstad & Rogers, 2008). Il legame tra questi due tipi di disturbi ed il divorzio parrebbe prodotto dalla labilità emotiva, dall’ostilità e dall’impulsività caratteristica di entrambe le tipologie di personalità.
Lo studio presentato in questo articolo, condotto da Krystle L. Disney e coll., ha voluto ulteriormente indagare il rapporto tra disturbo di personalità e divorzio in un campione di soggetti tra i 55 e i 64 anni di età. Ai partecipanti allo studio è stata proposta una serie di domande sulla loro storia coniugale attraverso un’intervista al computer. I sintomi caratteristici dei disturbi di personalità sono stati indagati attraverso la SIDP-IV (SIDP-IV; Pfohl, Blum, & Zimmerman, 1997).
I risultati dello studio hanno mostrato un incremento dei tassi di divorzio legati ai disturbi di personalità paranoide e istrionico. Al contrario, personalità evitanti erano negativamente associate alla frequenza di divorzi. Inoltre, è stato evidenziato un effetto significativo dell’appartenenza di genere rispetto al divorzio, con le donne che riferivano un maggior tasso di divorzi rispetto agli uomini.
Con la sospettosità e la mancanza di fiducia come caratteristiche centrali, il disturbo paranoide di personalità è per definizione un disturbo critico rispetto alla capacità di costruire relazioni. L’ostilità, la sospettosità, l’intensa infondata gelosia e le convinzioni persecutorie spesso associate a questo disturbo interferiscono spesso con la capacità di mantenere relazioni sociali soddisfacenti. Le persone con disturbo paranoide di personalità sono infatti sensibili agli insulti, sia reali che fantasticati. Queste modalità di comportamento e di percezione creano una tensione cronica che tende a distruggere i legami di queste persone (Oltmanns & Okada, 2006).
Anche i sintomi del disturbo di personalità istrionico sono associati ad un incremento della possibilità di divorzio. Quando un partner mostra una tendenza ad essere centrato su se stesso, comportamenti finalizzati alla ricerca di attenzione, una seduttività sessuale inadeguata, una teatralità esagerata, emozioni che cambiano rapidamente, ne viene da sé che la possibilità di creare una relazione equilibrata e paritetica tende a soffrirne (Rasmussen, 2005). Il disturbo di personalità istrionico è associato alla tendenza a provare forti emozioni di vicinanza nei confronti di molte persone (Lawton, Shields, & Oltmanns, 2011), al punto tale da risultare patologica. Questa ricerca di vicinanza agli altri indifferenziata potrebbe risultare critica rispetto al legame coniugale se uno dei partner cerca un’intimità con altri in modo non selettivo. Inoltre, la disinibizione sessuale che talvolta caratterizza questo disturbo può portare a comportamenti quali un flirtare in maniera inadeguata se non ci si sente al centro dell’attenzione (Kellett, 2007). Dato che la monogamia è il presupposto per un legame coniugale, il flirtare con altri o cercare l’attenzione di altri, nel caso di un disturbo di personalità istrionico, può interferire col matrimonio.
Questi risultati parrebbero sorprendenti, in quanto solitamente dagli altri studi risultano essere il disturbo borderline ed antisociale quelli maggiormente correlati al divorzio(Afifi et al., 2006; South et al., 2008; Whisman et al., 2007), cosa che nella ricerca di Disney non compare.
Potrebbe essere che il disturbo paranoide e istrionico, pongano le basi per un legame coniugale in maniera diversa rispetto al disturbo borderline e antisociale. Ad esempio, i tratti istrionici possono risultare inizialmente attraenti e affascinanti, ma potrebbero diventare difficili con cui convivere nel tempo. Contrariamente, i tratti borderline risultano avere fin da subito una scarsa attrativa invece di essere affascinanti. Potrebbero quindi anch’essi condurre al divorzio, ma hanno meno probabilità rispetto a quelli istrionici di portare ad una serie ciclica di matrimoni.
Un altro dato interessante consiste nella relazione inversa tra disturbo evitante di personalità e longevità del matrimonio (va specificato che longevità del matrimonio e soddisfazione coniugale sono da intendersi in maniera differente). Quello che i risultati dello studio presentato dimostrano è che i sintomi caratteristici del disturbo evitante risultano scoraggiare la tendenza al divorzio, questo perchè lo studio non si è ripromesso di indagare la soddisfazione dei partner rispetto alla loro relazione, ma solo la fine di un rapporto coniugale. Una persona evitante potrebbe infatti preferire rimanere sposato, anche se infelice rispetto al rapporto, piuttosto che avventurarsi in un nuovo circolo di rapporti sociali.
Disney e coll., oltre ai risultati fin qui discussi relativamente ai disturbi di personalità, hanno riscontrato anche un effetto prodotto dall’appartenenza di genere rispetto al divorzio, con le donne maggiormente esposte a tale fenomeno. Una possibile spiegazione potrebbe essere che gli uomini divorziati in tarda età presentano un maggior tasso di mortalità. Questo risulterebbe in linea con alcuni studi precedenti che sostengono che il divorzio metta a rischio la salute, soprattutto negli uomini (Amato, 2010; Sbarra, Law, & Portley, 2011).
Lo studio di Disney e coll. è uno dei primi che ha esaminato la relazione tra disturbo di personalità e frequenza di divorzi, focalizzando l’attenzione su un campione di persone di mezza età, testimoniando che, benché tendenzialmente un disturbo di personalità tenda a comportare un disagio effettivo nella gestione delle relazioni, alcuni, tra cui quello evitante, non sono necessariamente associati ad una bassa longevità del legame coniugale (tenendo sempre presente che non si parla di soddisfazione del rapporto, ma di longevità dello stesso).
[1] Krystle L. Disney, Yana Weinstein, and Thomas F. Oltmanns