Come l’idioma influenza le scelte
di Mauro Cavarra
La promozione di un prodotto è una faccenda seria, lo sappiamo tutti. Ma nel presentarlo al grande pubblico spesso non si esaltano tanto le caratteristiche del prodotto di per sé che possano attirare il consumatore, quanto l’idea che si associa al prodotto, l’immagine che ci viene servita dalla società produttrice. Allo scopo di manipolare questa idea sono state elaborate numerose strategie di cui siamo testimoni accendendo un qualsiasi schermo televisivo ad una qualsiasi ora del giorno. Una delle cose che vediamo più spesso è il focalizzarsi delle pubblicità, non già sull’oggetto, sul bene, quanto sulla persona che lo utilizza. Pensate per un attimo ai modelli personologici presentatici dalle pubblicità dei telefoni cellulari: sono giovani, sani, robusti, belli e spensierati nella maggior parte dei casi. Qual è lo scopo di queste manipolazioni? Fare in modo che
lo spettatore si identifichi col modello attraverso l’acquisto di questo o quell’oggetto, trasmettere il messaggio che il successo sociale passa per una azione specifica che in genere coinvolge il portafogli.
Non stupisce quindi che una delle domande cardine in campo pubblicitario riguardi i modi di rendere i modelli più attraenti possibile, cioè come comunicare che caratteristiche positive siano mediate dall’oggetto. Emerge da uno studio condotto da David Luna (Baruch College), Torsten Ringberg, e Laura A. Peracchio (University of Wisconsin-Milwaukee), che uno dei fattori determinanti sia la cornice culturale a cui il soggetto appartiene. In particolare gli studiosi hanno ipotizzato che la percezione di una pubblicità possa variare in funzione della lingua con cui questa viene somministrata a soggetti bilingui integrati in entrambe le culture/lingue.
L’esperimento si è svolto sottoponendo delle donne ispano-americane di diverso livello di identificazione culturale ad uno spot due volte nell’arco di sei mesi. Se la prima volta lo avevano visto in spagnolo la seconda lo avrebbero visto in inglese e viceversa. I risultati mostrano come a seconda della lingua utilizzata il soggetto attuava un “frame shifting”, cioè un cambiamento di percezione, sia nei propri confronti che nei confronti della donna protagonista della pubblicità. Mentre nella versione spagnola questa veniva descritta come determinata ed indipendente, nella versione inglese, veniva invece vista come sola, confusa e malinconica. Inoltre i dati di uno studio parallelo rivelano che anche l’auto percezione, il giudizio che i soggetti sperimentali davano di sé, cambiava a seconda del linguaggio che usavano durante l’esperimento.
Sembra insomma che il linguaggio sia un interruttore importante per il frame shifting. Lo studio ha il grande merito di avere dimostrato questo fenomeno, eppure non possiamo fare a meno di rilevare delle pecche nell’organizzazione sperimentale che potrebbero condurre ad una misinterpretazione dei risultati. I soggetti sperimentali, che hanno dimostrato un giudizio più positivo verso le donne ispanofone, erano esse stesse di origine ispanica, dunque sembra affrettato concludere che sia lo spagnolo in quanto tale a rendere le pubblicità più efficaci. Probabilmente la percezione della pubblicità è legata al gruppo etnico d’origine. In questo senso sarebbe interessante replicare l’esperimento “specularmente”, cioè in luoghi ispanofoni in cui ci siano delle comunità inglesi integrate con la società.
Questo effetto potrebbe non essere legato solamente alla lingua di provenienza, è probabile che per alcune culture una lingua si dimostri più efficace nel veicolare messaggi pubblicitari rispetto ad un’altra. Dà da pensare il fatto che alcune televisioni come MTV scelgano di mantenere alcune pubblicità in lingua originale, che in questo caso sarebbe l’inglese, o il fatto che alcune aziende di telefonia scelgano slogan inglesi indipendentemente dal paese in cui li trasmettono.
Un altro aspetto interessante da considerare è che il frame shifting causato dalla lingua è un altro ponte tra processi consci ed inconsci. Lo studio suggerisce che il cambiamento percettivo sia del tutto inconscio e se davvero fattori culturali possono influenzarlo allora ci troviamo di fronte ad un’interazione tra reami che, giorno dopo giorno, si scoprono sempre meno separati, sempre più connessi e le cui relazioni reciproche influiscono notevolmente sulle nostre scelte e percezioni.
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