Disturbi personalità

Nel 2012 il mondo non finirà. Ma tutti avremo un’altra personalità

L’American Journal of Psychotherapy[1] giudica il DSM-IV come eccessivamente categorico e definisce i disturbi di personalità come “varianti estreme della personalità normale”. La soluzione? Il DSM-V che uscirà nel 2012. La fine di un’era o l’inizio di una rivoluzione? Intanto il dibattito è più che mai acceso.

 

 

Gli allarmismi per il fantomatico “armageddon” datato dicembre 2012 sono ormai cessati. Erano frutto di fantasiose interpretazioni di scritti risalenti a civiltà antichissime e relative rielaborazioni –anche se abilmente futuribili- hollywoodiane sul tema. È quindi certo che nel 2012 ci saremo ancora, che il pianeta ci sarà ancora. Qualcosa però muterà e questo sì è un dato di fatto: la nostra personalità; e visto che ognuno di noi possiede, è dotato di, è costituito da una propria, univoca personalità, tale evento colpirà tutti, indistintamente. Non vi saranno differenze di genere, di razza, di lingua, né di età: ognuno di noi ha una personalità e questa subirà dei mutamenti.

Nessun allarmismo, però, tale modificazione è stata programmata ed è sotto costante controllo dai massimi esperti in ambito psichiatrico e psicologico e prende il nome di DSM-V[2], acronimo di “Diagnostic and Statistic Manual for Mental Diseases – fifth edition”. Si tratta della “Bibbia”, come la definiscono in molti, della psichiatria, il libro mastro edito dall’American Psychiatric Association che ha permesso ai professionisti medici e psicologi di formulare diagnosi e, di conseguenza, di trattare i disturbi in essa catalogati. Una Bibbia che, a detta di molti esperti del settore, sembra avere fatto il suo tempo e, nonostante i diversi aggiornamenti e le molteplici modifiche che sono state apportate nel corso degli anni, è ormai giunta alla fine dei suoi giorni.

Il nuovo DSM, nella sua quinta edizione, promette grandi innovazioni, in primis si propone di essere uno strumento che non si limiterà alla semplice discriminazione categoriale tra “patologia” e “normalità”, ma sarà in grado di dare voce a tutte le sfumature che intercorrono tra queste due (categoriche) posizioni. L’imperativo sarà “dimensionalità”. E questa è l’innovazione che riguarda la popolazione intera, tutti noi. “Sano vs. Malato” è una concezione che ricorda molto il modello “biomedico” degli inizi del 1900, soppiantato in seguito dal modello “biopsicosociale”, una visione più articolata delle persone; “Sano vs. Malato” non permette di percepire le differenze individuali che possono esistere tra due individui “sani” o “malati”: è possibile (senz’altro è così) che la gravità della malattia sia differente, come è parimenti vero che esistono diversi “livelli” di sanità.

La nostra personalità sarà quindi diversa perché, forse per la prima volta, uno strumento psico-diagnostico avrà dell’essere umano una visione più integrata, una comprensione più ad ampio spettro della persona come individuo unico e diverso dagli altri individui.

Se quindi l’introduzione di una visione di tipo “dimensionale” a discapito di un approccio “categoriale” (“Sano vs. Malato”) costituisce la fine di un’epoca, allora forse si può parlare di una sorta di “fine del mondo” (in cui però manca tutto l’aspetto catastrofico dell’Apocalisse), anche se in realtà il DSM-V e la sua introduzione appare ai più come un’innovazione, una sorta di rivoluzione in grado di dare inizio a un approccio più umano agli esseri umani.

Dott. Gianluca Franciosi

Leggi anche: La rivoluzione del DSM-V  e  La rivoluzione del DSM-V nella pratica


[1] Brad Bowins (2010). Peronality Disorders: A Dimensional Defence Mechanism Approach. American Journal of Psychotherapy, 64, 153-169.

[2] Sarà edito dall’American Psychiatric Association (APA)

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