FACIAL ACTION CODING SYSTEM (FACS): IL DIZIONARIO DELLE ESPRESSIONI FACCIALI

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Il FACS è uno dei numerosi metodi utilizzati per misurare i movimenti facciali che caratterizzano le espressioni del volto. Il volto è, infatti, l’area di maggiore interesse per lo studio dell’espressione delle EMOZIONI.

Il FACS, pubblicato nel 1978, è il frutto di una lunga ricerca portata avanti da Paul Ekman, Professore di Psicologia al Dipartimento di Psichiatria dell’Università della California, e dal suo collega psicologo Fallace Friesen.[1]

Questo metodo ha l’intento di andare a studiare in che modo le contrazioni dei muscoli facciali, singolarmente o in combinazione con altri muscoli, modificano le sembianze di un viso.

Ekman, lungo molti anni di ricerca, è riuscito a catalogare più di 10.000 combinazioni possibili di movimenti facciali, categorizzate in 43 Unità di Azione.

Ad ogni combinazione corrisponde un FACS number che comprende il nome latino dei muscoli coinvolti e l’emozione ad essi associata.

Un interessante particolare di questo “inventario” è che molte combinazioni di muscoli non significano nulla. Si può quindi affermare che il FACS svolge la funzione di un dizionario delle espressioni facciali che le decodifica e le associa ad emozioni specifiche.

Nello specifico, questo dizionario fornisce punteggi sulla frequenza di 7 “emozioni di base”:

RABBIA

TRISTEZZA

FELICITA’

PAURA

DISGUSTO

SORPRESA

DISPREZZO

espressioni_facciali_emozioni

Una caratteristica importante delle emozioni fondamentali è data dal fatto che vengono espresse universalmente, cioè da tutti in qualsiasi luogo, tempo e cultura attraverso modalità simili.[1]

Vi sono, poi, le cosiddette “sotto-emozioni” o emozioni secondarie che invece sono specifiche di ogni contesto socio-culturale.

Queste emozioni vengono tutte registrate come cambiamenti dei muscoli facciali, cioè, ad esempio, come cambiamento dei muscoli della fronte, delle sopracciglia, delle palpebre, delle guance, del naso, delle labbra e del mento.

UNIVERSALITA’ DELLE ESPRESSIONI FACCIALI

Charles Darwin fu il primo studioso a sottolineare e valorizzare l’esistenza di una componente emotiva connessa alle espressioni facciali.

Il padre della teoria dell’evoluzione sosteneva che molte delle espressioni del volto fossero state selezionate per ragioni di adattamento all’ambiente, cioè al fine di comunicare qualcosa come lo stato interno di una persona.

Questi elementi hanno un grosso valore sul piano personale e sociale; ad esempio, la paura è un’emozione che segnala la presenza di una minaccia o di un pericolo e, quindi, è utile comunicarla ad altri membri della stessa specie.

Le osservazioni di Darwin sono state sviluppate ed approfondite dallo stesso Ekman. Il ricercatore, esaminando migliaia di espressioni facciali, si accorse che, ad esempio, in un gruppo della Nuova Guinea gli atteggiamenti del volto che gli individui mostrano quando provano un’emozione sono identiche a quelle esibite da chi vive nel mondo occidentale.

Si è così evinto che la mimica delle emozioni di base è uguale dappertutto, è universale.

Ekman ha inoltre puntualizzato che si tratta di comportamenti che hanno radici biologiche e che quindi non necessitano di essere appresi per manifestarsi.

Questa è senza dubbio una delle scoperte principali dello studioso.

LE MENZOGNE SI LEGGONO IN FACCIA
menzogna-pinocchio

Il nostro volto è una macchina estremamente sofisticata e complessa; talvolta, le espressioni del volto possono essere articolate ed ambigue. Questo può avvenire soprattutto perché originano da un sistema duplice, volontario ed involontario, abile a mentire e a dire la verità; a volte,  contemporaneamente.

Le espressioni autentiche, sentite, attivano il movimento spontaneo di alcune regioni muscolari del volto; è possibile simularle, ma in modo, in genere, poco convincente.

Quelle false, invece, sono intenzionali ed implicano l’innesco volontario di una “maschera”: servono, in questo caso, a nascondere ciò che si prova veramente o a mostrare qualcosa che non si sente.

Nel libro “I volti della menzogna”, Ekman classifica tre fattori per appurare che un’espressione non sia genuina e sincera:

  • ASSIMMETRIA: in un espressione facciale asimmetrica le stesse azioni si manifestano identiche nelle due metà del viso, ma sono più marcate su un lato rispetto all’altro;
  • TEMPO: le espressioni che durano per più di 10 secondi probabilmente sono false;
  • COLLOCAZIONE NEL DISCORSO: le espressioni del volto che non sono sincronizzate coi movimenti del corpo rappresentano possibili indizi di falsità.

Esempio: il caso del SORRISO FALSO

E’ possibile riconoscere un sorriso falso da uno genuino. Nel diciannovesimo secolo il neurologo francese Duchenne de Boulogne identificò le peculiarità del sorriso vero e genuino che coinvolge, oltre ai muscoli della bocca, anche quelli degli occhi. Infatti, nel sorriso autentico è tipica la contrazione spontanea del muscolo pars lateralis che è uno dei muscoli oculari.

Attraverso la misurazione dell’attività cerebrale, Paul Ekman ha rilevato che nelle persone che contraggono tale muscolo è presente un’attività cerebrale legata alle sensazioni di piacere; quando si sorride in modo menzognero ciò non si verifica.

Questo grande bagaglio di scoperte ha colto l’attenzione degli Psicologi e dal 1980 il FACS cominciò ad essere utilizzato in maniera diffusa.

Gli Psicologi, in particolare, volevano capire il modo per accorgersi se la persona con cui parlavano stesse dicendo la verità. Infatti, uno degli obiettivi principali della formazione di un buono Psicologo è quello di sviluppare le abilità di monitoraggio degli stati mentali del suo paziente in seduta.

Tale controllo avviene a partire dalle tracce mimico-facciali che il paziente inconsapevolmente fornisce.

Queste microespressioni, così denominate dallo stesso Ekman, se guardate con attenzione, possono svelare segnali che precedentemente sarebbero stati percepibili solo al rallentatore.

Ovviamente, allo Psicologo clinico non interesserà soltanto sapere se il suo paziente sta raccontando la verità o meno; è altresì importante distinguere i movimenti facciali associati a differenti emozioni, a stati dell’umore, a segnali dell’attività cognitiva, a tratti del temperamento nonché di personalità.

E anche Voi potenzialmente siete in grado di valutare, se lo desiderate, l’atteggiamento del vostro medico e/o psicologo, osservando principalmente il comportamento non verbale e, naturalmente, le espressioni facciali.

Ad esempio, tenere le braccia incrociate sul petto, guardare il paziente con poca empatia e scarso interessamento, fissarlo con troppa insistenza possono comunicare, da parte del professionista, poca apertura e disponibilità.

 

 

L’obiettivo, d’altronde, resta sempre uno: riuscire ad avvicinarsi il più possibile ai bisogni del paziente, al fine ultimo di migliorare la performance degli Psicologi e in genere di tutto il personale che opera nel campo delle relazioni d’aiuto.

di Federica Del Po

 


[1] Ekman P., Basic Emotions. In: T. Dalgleish and M. Power (Eds.). Handbook of Cognition and Emotion. John Wiley & Sons Ltd, Sussex, UK, 1999.

 

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