Memoria e identità: la Sindrome di Korsakoff

“… altro non siamo se non un fascio o un accumulo di sensazioni diverse,

che si susseguono con inimmaginabile rapidità, e sono in perpetuo flusso e movimento”

David Hume

di Sonia Pasquinelli


Tra le molteplici definizioni di coscienza, ce n’è una che pone l’accento sulla continuità di rapporto fra Io, mondo esterno e tempo. Secondo Hume, ma anche nel pensiero di molti altri filosofi, la memoria è necessaria a dare un senso alla nostra esistenza. Ma siamo proprio sicuri che la nostra “umanità” sia legata a questa funzione? O a prescindere da essa siamo ancora in possesso della nostra volontà, sentimento, sensibilità, e coscienza morale?

Ecco un estratto dall’articolo apparso recentemente sulla rivista “Mente & cervello” *1 :

“Aprendo la porta della camera 1037 del reparto di neurologia, so che farò ancora fatica a credere a quello che vedrò. «Ah! Un’altra faccia nuova!», esclamerà il paziente sdraiato sul letto. È la decima volta che incontro il signor F., ma per lui è sempre la prima.
– È molto che è qui?
– Un giorno o due, non di più.
– Aspetti… dove siamo?
– Che domanda… ma ehm… a vederla vestito così, direi… all’ospedale?
– Esatto. E sa che giorno è oggi?
Il signor F. si gratta la fronte.
– Beh, siamo in estate.
– Sì, e di quale anno?
– 1999?

Gli passo un giornale. Il signor F. aggrotta le sopracciglia: la data in prima pagina è 21 luglio 2001. «Che scherzo è questo?», sbotta.
Mi chiamano al telefono e lascio il signor F. in uno stato di grande perplessità. Torno a trovarlo qualche minuto più tardi. «Ah! Ancora una faccia nuova!», esclama. «È che ci sono tante persone qui!». Stavolta non ricomincio con le domande. Ci sono abituato, è per questo che ho portato il giornale: ricevo sempre le stesse risposte.
Il signor F. è un paziente davvero strano. Ogni mattina si sveglia in ospedale e si stupisce di trovarcisi. Ogni mattina scopre la data del giornale e se ne addolora, poi lo dimentica. A ogni visita del personale rivede le stesse facce, le accoglie come estranee, si presenta. E poi nome e viso si cancellano fino alla visita seguente. È come se la sua vita si fosse fermata all’estate del 1999.
Neanche io, il suo medico, sfuggo a questa cancellazione universale. Lo visito due o tre volte alla settimana, ma reagisce sempre come se fosse la prima volta. Nessuna traccia del mio nome, del mio aspetto, di quello che abbiamo detto: non lascio la minima impronta nella sua memoria.
È un anno e mezzo che il signor F. occupa la camera 1037. La sua amnesia sembra totale e assoluta: non riesce a trattenere un’informazione per più di un minuto, né orale né scritta. Questa amnesia fa pensare a certi malati di Alzheimer, che dimenticano immediatamente ciò che è stato appena detto loro, e rispondono instancabilmente alle stesse domande come se non le avessero mai sentite prima. Ma il caso del signor F. è molto diverso: la sua amnesia è comparsa da un giorno all’altro, un anno e mezzo fa.
Celibe, artigiano, il signor F. manifestava da tempo un debole per l’alcool. Beveva molto, e spesso saltava i pasti; finché un giorno perse l’equilibrio, cominciò a vedere doppio e finì in ospedale in stato di confusione mentale. Un prelievo di sangue bastò per la diagnosi: forte carenza di vitamina B1. Alcune perfusioni di questa sostanza gli restituirono la vista e l’equilibrio, ma aveva perso per sempre la memoria: era affetto dalla sindrome di Korsakoff.”

 

Oliver Sacks, neurologo inglese, nel 1985 scrive un libro in cui riporta storie cliniche ed umane dei propri pazienti e delle loro patologie neurologiche, con grande competenza professionale e umanità, oltre che con l’abilità e sensibilità di grande narratore. “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” si presenta come una raccolta di 24 casi clinici, divisi in quattro parti, dove Sacks fa parlare la malattia vivendola ogni volta in tutta la sua pena, raccontando il dramma ponendo in risalto le peculiarità della convivenza con ciascun disagio. Uno dei casi trattati è un paziente afflitto dalla sindrome di Korsakov.

Di cosa si tratta?

La sindrome di Korsakoff, per la prima volta descritta dal neuropsichiatra russo Sergei Korsakoff, è una malattia degenerativa del sistema nervoso, che raramente può dipendere da un trauma cranico, da un’affezione vascolare o tumorale, e solitamente ha base alcolica (carenza di tiamina conseguente ad alcolismo cronico). È legata alla lesione di strutture centrali, quali nucleo medio-dorsale del talamo, corpi mammillari e ippocampo.

La caratteristica principale di questa sindrome è un’amnesia anterograda ( i soggetti perdono la capacità apprendere nuove informazioni ) con anosognosia (i soggetti non si rendono conto del loro problema). Nella maggior parte dei casi la memoria implicita e semantica è conservata.

Ecco come viene descritta nella letteratura: “ (…) essi non possono organizzare nuovi ricordi. Perciò essi potrebbero avervi incontrato oggi all’una: voi potreste uscire dalla camera e rientrare all’una e cinque ed essi non vi riconoscerebbero. Essi crederanno di non avervi mai incontrato. Ciò che sto descrivendo non è qualche rarità esoterica; è piuttosto comune. (…) vivono di minuto in minuto senza aver ricordo alcuno di cosa sia accaduto nell’attimo appena passato. Questa amnesia colpisce soprattutto gli eventi più recenti, specialmente quelli che compaiono dopo la comparsa della malattia. Tuttavia questa amnesia colpisce anche i ricordi più antichi, ma progressivamente in minor grado; così abbiamo un gradiente temporale: più si va indietro nel tempo, più i ricordi sono sicuri. Più i ricordi sono recenti, più sono inaffidabili (o non esistenti).*2

Il paziente, visto dall’esterno, dà l’impressione che per lui il fluire del tempo si sia arrestato a diversi anni addietro, e che sia incapace di sperimentare, da allora, qualsiasi avvenimento nuovo o cambiamento. È capace di ripetere correttamente le nuove informazioni che gli vengono somministrate, tuttavia le perde dopo un brevissimo periodo di tempo. Ciò dimostra che non c’è un’alterazione a livello di coscienza, ed è preservata la capacità di prestare sufficiente attenzione agli stimoli.

Frequente è poi il fenomeno che si definisce confabulazione: i pazienti riempiono i loro vuoti di memoria con produzioni fantastiche deliranti, spaventati sostituiscono esperienze confuse e immaginarie a quelle che non ricordano bene, e ciò può essere così convincente da indurre il medico- almeno in una prima fase del colloquio- a considerare normale il suo stato mentale. Una volta accertato che il paziente costruisce avvenimenti, a prima vista queste confabulazioni possono apparire come una psicosi: perciò la sindrome qualche volta è stata descritta come Psicosi di Korsakoff.

Inoltre spesso c’è una tolleranza eccessiva per la contraddizione: il paziente accetta come vere dueo più affermazioni che non possono in realtà essere tutte vere nello stesso tempo.

Ecco allora che il paziente descritto da Sacks si trova in un continuo stato confusionale, disorientato.

La sua giornata è costellata da falsi riconoscimenti, così che gravemente menomata risulta la sua affettività -oltre alla memoria- e il senso di identità scompare. Sacks lo descrive come “svuotato, privo dell’anima”. Sono frequenti infatti alterazioni dell’emotività come apatia, tristezza o lieve euforia con scarsa empatia con gli eventi, persino nei confronti di quelli paurosi.

Un altro dei sintomi caratteristici della sindrome è la perdita quasi totale della capacità di “leggere il pensiero altrui”, ossia capire ogni momento ciò che è plausibile gli altri stiano pensando, sentendo, persino vedendo. Questi malati sembrano aver perduto il senso di sè, ma anche il senso dell’altro.

L’inconscio cognitivo è una funzione solitamente preservata: si tratta di una modalità inconscia di elaborazione dell’informazione, adattiva e automatico. Se il medico stringe la mano al paziente tendendo in mano uno spillo e lo ferisce, nell’incontro successivo quest’ultimo pur non ricordando di aver conoscito il dottore, ritrae la mano senza essere in grado dispiegare il perchè, non appena lui fa il gesto di porgergliela. Parliamo, in questo caso, di apprendimento e memoria implicita.

Così Mark Solms , analista e neuropsicologo, descrive la sindrome: “La mia esperienza con questo paziente assomiglia al cercare di trovare una stazione radio o un canale televisivo; giri la manopola perdi la stazione, poi prendi la stazione ed è tutto a fuoco e poi la perdi di nuovo e poi compare uno strano rumore e poi sei proprio sulla stazione e puoi vedere l’immagine tremolante e poi capisci che è quella che desideri e cerchi di sintonizzarti di nuovo, e poi ci sei, e poi pensi ‘grazie al cielo ci sono’, e poi tutto sparisce di nuovo. A questo assomigliano le sue associazioni; così ci si sente nell’ascoltarlo. Lui – od almeno una sua parte – cerca di trovare la vera stazione, l’effettiva memoria o la consapevolezza di cosa stia realmente accadendo nel suo mondo, proprio in quel momento. Appena prende quella stazione, non riesce a rimanerci, e si allontana di nuovo. Ma non può andare in una direzione qualunque; egli più o meno resta entro questa lunghezza d’onda. Si trova quasi vicino al punto che sta cercando. Perciò quello che produce sono tutte queste immagini, pensieri e ricordi che sono connessi in modo più o meno ovvio con ciò che sta cercando.”

Esistono opinioni molto diverse riguardo i meccanismi neuropsicologici alla base della sindrome, ma molti teorici concordano su due deficit che sembrano costituirne la base. Il primo è un deficit dei sistemi mnestici, che consiste in un disturbo nella ricerca della memoria, nel trovare il giusto ricordo. Il secondo deficit è che i ricordi che essi sono riusciti a recuperare con questo metodo di ricerca difettoso, impreciso per quanto sia, non sono controllati in modo appropriato. Questo significa che non c’è un’adeguata indagine per verificare se un ricordo particolare è corretto o meno.

Ad oggi, si tratta di una sindrome “difficile”: la terapia è a carattere palliativo -si somministrano preparati polivitaminici. Purtroppo, la malattia risulta mortale in una percentuale abbastanza elevata di casi (dal 5 a 10%), nonostante le cure prestate siano adeguate.

Bibliografia:

Patrick Verstichel, Il caso clinico: l’uomo senza futuro Mente&Cervello, aprile 2008, n. 40 (*1)

Jerome Bruner, La fabbrica delle storie. Diritto, letteratura, vita, Laterza, Bari-Roma, 2002, pp. 98-99

Oliver Sacks “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” Biblioteca Adelphi (1999) [“The man who mistook his wife for a hat”, Oliver Sacks, 1985]
Mark Solms, Un esempio di ricerca neuropsicoanalitica: la sindrome di Korsakoff (*2)

Cabanyes J. “Neuropsychology of Korsakoff syndrome”. Neurologia 2004; 19(4): 183-192.
Baddeley A. “La Memoria Umana. Teoria e Pratica”. Ed: Il Mulino, 1990.

Un caso clinico di Sindrome di Korsakoff: guarda il video!

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